Solidare
Non c'è come un film, una scena o un dialogo sul grande schermo per illuminare qualcosa di noi che fino a quel momento era avvolto nel buio.
Nel documento in allegato abbiamo selezionato alcuni film vecchi e nuovi, e li abbiamo suddivisi per argomento. L'elenco risente di una inevitabile soggettività e ovviamente alcuni titoli possono fare riflettere su più argomenti, oltre a quello indicato.
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Before I change my mind è un film del regista canadese Trevor Anderson in concorso al MixFestival, Festival Internazionale di Cinema LGBTQ+ e Cultura Queer di Milano, arrivato alla sua 37esima edizione. Presentato come coming-of-age non-binary, racconta la storia dell’adolescente Robin, che a metà degli anni 80 si trasferisce insieme al padre dagli Stati Uniti in un paese del Canada.
Quando arriva nella sua nuova scuola, tutti si domandano se sia un maschio o una femmina, e Robin non dà risposte: dovendo scegliere tra i due gruppi di studenti seduti a terra in palestra, le femmine a destra, i maschi a sinistra, si siede nel mezzo.
In un primo momento Robin suscita la curiosità e il rifiuto dei compagni, poi si lega al bullo della scuola in un’amicizia complicata. La situazione si fa ancora più confusa con l’arrivo della bella Izzy, protagonista del musical della scuola, una strabiliante versione di Jesus Christ Superstar vista dagli occhi di Maria Maddalena.
Il film, dietro l’estetica pop anni 80 colorata e ironica, mette in scena con grande sensibilità e profondità le difficoltà dell’adolescenza.
Protagonisti assoluti di Before I change my mind sono Robin e i suoi compagni. Gli adulti, alcuni abbastanza protettivi e amorevoli, altri totalmente inadeguati, rimangono sullo sfondo. Quello degli adolescenti è un mondo a parte, dove quel che conta di più è farsi accettare dai coetanei, non essere esclusi, mentre faticosamente si cerca la propria identità, o se ne prende a prestito una per sentirsi più forti.
Il personaggio principale è Robin, che rivendica il suo diritto ad essere accolto senza dover accettare l’etichetta di genere, ma Before I change my mind è molto più di un coming-of-age non-binary, è un film corale sull’adolescenza, dove ciascuno dei giovani protagonisti porta la propria domanda e la propria sofferenza legata al difficile compito di diventare grandi.
di Ferzan Ozpetek con Stefano Accorsi, Jasmine Trinca e Edoardo Leo
La Dea Fortuna è un film del 2019 vincitore di due David di Donatello. Ozpetek è nato a Instabul nel 1959 e ha studiato in Italia Storia del Cinema all’Università La Sapienza di Roma nel 1978, lavorando sin da subito con registi importanti. Il grande pubblico lo conoscerà per i suoi personaggi complessi ed emozionanti con il film Le fate ignoranti (2001) che farà il giro dei cinema più importanti del pianeta, passando ovviamente, per Cannes e Berlino.
Durante un'intervista Ozpetek ha dichiarato ”Io mi innamoro dei miei attori”, e questo credo che il pubblico lo percepisca in ogni suo film, in ogni scena, curata sempre in ogni dettaglio, dove traspare una relazione tra il regista e l’attore e si coglie la reciprocità tra questi, come se anche l’attore cerchi lui sulla scena. E’ sempre una danza dentro la trama, che procede e di colpo parte una musica, la più azzeccata, scelta apposta per loro e per il pubblico, che viene coinvolto alla ricerca del proprio innamoramento. E’ così anche con La Dea Fortuna dove in un condominio, a Roma, vive un gruppo di amici, non si sa se erano amici già da prima o lo sono diventati dopo, ma lo sono.
Durante la celebrazione di una festa a casa di Alessandro e Arturo, una coppia in crisi da tempo, arriva Annamaria. La donna, loro amica da quindici anni, ha con sè una piccola borsa e i suoi due bellissimi bambini, che affida alla coppia per tre giorni, o forse inconsapevolmente li affida a tutto il colorito gruppo, per sottoporsi ad alcuni accertamenti in ospedale.
Tutti gli invitati guardano Alessandro e Annamaria, sono incuriositi dal loro abbraccio, tutti capiscono che sta per accadere qualcosa che ha a che fare con l’amore, ma non sanno ancora bene cosa, e iniziano piano piano a presentarsi a questi bambini, al nuovo, e delicatamente e in punta di piedi si raccontano. Sarà l’inizio di un incontro, che porterà tutti a rimettere in gioco nuovi equilibri, a far riflettere sul senso dell’amore e sui grandi temi della vita. Cos’è l’amore? Quello tra Ginevra e Filippo che si innamorano tutte le volte che si incrociano nella loro giornata e si scelgono ad ogni sguardo ancora e ancora? Qual è la nostra casa? Quella che scegliamo di abitare o quella dove possiamo trovare il nostro spazio per esprimerci? E la nostra famiglia? Sarà forse il luogo dove ci sentiamo amati al di là di ogni legame di sangue? Un pò come questa coppia, quella di Alessandro e Arturo, che si ritrova a rischiare la morte in mare aperto, ma viene salvata da due bambini che necessitano di una casa o forse, meglio ancora, di un condominio e di una famiglia che può amarli ancora e superare la perdita più grande e dolorosa della loro vita?
Credo che Ozpetek abbia fatto una ricerca analitica superba dei personaggi e della struttura del film: tutto è al suo posto, lì dove dovrebbe essere, e lascia ad ognuno lo spazio di trovare il proprio posto per dare un senso alla parola amore, alla parola casa, alla parola famiglia. Libera tutti dall’armadio, lascia lo spettatore libero di andare alla ricerca dei propri punti di riferimento, ma solo dopo essersi lasciato andare all’imprevisto, all’inevitabile, alla pioggia che arriva e che si può solo accettare.
L’ambientazione si sposta ad un certo punto in Sicilia, e Ozpetek sceglie anche qui di non far muovere i personaggi con l’aereo per raggiungere l’isola, ma la nave. Non brucia il tempo, non si muove con la frenesia della contemporaneità. Ci vuole tempo per capire certe dinamiche e superare certi dolori. Fa fare la traversata in mare perchè è lì dove la notte diventa giorno, dove il mare buio ci fa sentire persi ma poi ci fa intravedere la terra, che si può cogliere la speranza di poterci ancorare a noi, a ciò che abbiamo dentro e all’altro che esiste dentro di noi.
Nel sito Archeologico dove lavorava Annamaria, si trova la statua della Dea fortuna, detentrice di un “trucco magico” che la giovane donna insegna ai suoi figli, utile proprio per portare per sempre le persone con noi, al di là di ogni orizzonte. Ma ascoltatelo nel film...
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